Percorrendo i magnifici sentieri del versante occidentale del Monte Nerone, passando per il Rio Vitoschio, il fosso del Mulino, Ca Rossara e il Monte Cardamagna, sono sempre rimasto incuriosito e affascinato dalla Carda. Tante volte mi sono chiesto per esempio se quel nome, distribuito su un’area piuttosto estesa prima e dopo il valico di Pian di Trebbio, avesse avuto origine dal corso d’acqua, dalla montagna o dalla famiglia che fu padrona di queste terre e del loro antico castello. Il toponimo in realtà, come afferma Luigi Michelini Tocci, a cui si devono tante pubblicazioni di storia locale, deriva molto probabilmente da una delle piante qui più diffuse, il cardo. La Carda è invece il nome dato alla zona compresa principalmente tra due creste montuose facilmente riconoscibili, quella più alta del monte Cardamagna (o Carda Maia) che arriva a oltre 900 metri e fa quasi da bastione difensivo al massiccio del Nerone, e quella detta della Cardaccia (più bassa di circa 200 metri) che ospitava l’antico castello. Davanti alle creste, oltre la strada che collega Apecchio e Piobbico con Pian di Trebbio, la Carda è chiaramente delimitata dai rilievi della Serra della Stretta, sul cui versante opposto si trova la località di Acquapartita.
Il Castello della Carda era situato proprio sopra il fosso del Mulino e San Cristoforo di Carda, ma purtroppo di esso rimangono ormai solo poche rovine . Appartenne ai Brancaleoni di Piobbico dal XII secolo (anche se fu probabilmente edificato molto prima), divenne in seguito proprietà del vescovo di Città di Castello e alla fine del XIII secolo fu ceduto al famoso Ottaviano Degli Ubaldini, quel cardinale che fu dannato nel cerchio degli epicurei dell’Inferno di Dante assieme all’Imperatore Federico II, di cui sembra si fosse autoproclamato sostenitore. La famiglia Ubaldini era considerata eretica perché di parte Ghibellina, e ciò era sufficiente al tempo per rendere il Cardinale degno delle fiamme dell’Inferno, anche se i fatti storici farebbero pensare il contrario visto che pare fosse proprio lui a condurre l’esercito Guelfo di Bologna contro le forze dell’Imperatore e che fu incaricato dal Papa stesso a riconquistare le terre pontificie della pianura padana. In ogni caso Ottaviano fu forse il primo famoso rappresentante della famiglia che in seguitò dominò la zona di Apecchio, gli Ubaldini, che erano originari del Mugello e che attraverso guerre e alleanze arrivarono ad espandersi fino alla Provincia di Pesaro e Urbino. Il Cardinale Ubaldini donò in seguito il castello della Carda al pronipote Tano, che sembra sia stato quindi il capostipite del ramo locale della famiglia, gli Ubaldini della Carda.
Dalla Carda la famiglia si allargò ulteriormente conquistando altri castelli della zona, e così Montevicino, Apecchio, Pietragialla e Castelguelfo caddero l’uno dopo l’altro sotto il loro dominio. La mossa che decretò la loro definitiva fortuna fu però quella di diventare alleati e “collaboratori di guerra” dei Montefeltro, mettendo a disposizione dei Duchi di Urbino truppe e conoscenze belliche in tanti conflitti in varie zone d’Italia. La famiglia Ubaldini era infatti già famosa per essere una fucina di condottieri e tra i suoi maestri d’arme uno dei più noti fu nel XIII secolo Giovanni degli Ubaldini che riuscì addirittura a fondare una propria compagnia di ventura, con oltre mille fanti e duemila cavalieri provenienti da ogni zona d’Europa.
Alla fine del XIV secolo nacque probabilmente nella Carda Bernardino degli Ubaldini, che fu forse uno dei più celebrati capitani di ventura della sua epoca, tanto da meritarsi il soprannome di Magnifico. Le sue spiccate abilità di condottiero fecero si che il Duca di Urbino, Guidantonio, lo volesse alle sue dirette dipendenze e il suo valore e la sua importanza strategica per i Montefeltro divennero tali che gli venne concesso l’onore di entrare a far parte della famiglia, sposando proprio la figlia di Guidantonio Aura, nel 1420.
Bernardino ebbe sicuramente un figlio naturale, chiamato Ottaviano come il suo avo, ma secondo quella che in passato sembrava essere solo una diceria popolare che si è rivelata invece in seguito più che fondata, fu anche il padre naturale di Federico, il più celebre dei Duchi di Montefeltro. Fino a non molto tempo fa sembrava infatti certo che Federico fosse nato da una relazione di Guidantonio con una dama di corte e che fosse quindi considerato illegittimo. Per questo motivo venne subito dato in affidamento e allontanato dalla città Ducale, passando prima un breve periodo non troppo lontano da casa, a Mercatello, e trasferendosi poi all’età di undici anni a Venezia non solo come pegno di pace secondo l’usanza del tempo ma anche, sembra, per soddisfare i desideri della seconda moglie di Guidantonio, che non lo vedeva certo di buon occhio a Urbino.
Diversi studi sono stati portati avanti negli ultimi anni riguardo Federico e la sua nascita, e degni di nota sono in particolare le recenti pubblicazioni (1) degli storici Apecchiesi Lionello Bei e Stefano Cristini, come anche gli articoli pubblicati dagli stessi autori sul blog di storia locale VERSACRUM. Come emerge anche dalle loro ricerche la questione sembra essere oggi molto più dibattuta rispetto alle granitiche certezze del passato, tanto da poter giungere alla conclusione che Federico era verosimilmente figlio di Bernardino Ubaldini Della Carda, e che il suo padre naturale era così tanto legato a Guidantonio (che non riusciva ad avere eredi maschi e a garantire così la stabilità dello Stato) da affidargli il proprio figlio primogenito per farlo riconoscere come un Montefeltro.
Ottaviano Ubaldini Della Carda nacque nel 1424, due anni dopo suo fratello, del quale peraltro seguì la sorte venendo allontanato presto da casa per essere affidato ai Duchi Visconti di Milano, anche lui come ostaggio a seguito della pace stretta tra le due famiglie.
Come riporta sempre Michelini Tocci i due giovani, fratelli o no che fossero e nonostante i lunghi periodi in cui di fatto rimasero separati, sin da piccoli stabilirono una forte amicizia, come quella che univa anche i loro padri “ufficiali” e rimasero legati per tutta la vita.
Nel 1437 Bernardino Della Carda morì, lasciando come erede legittimo dei suoi possedimenti Ottaviano, ma disponendo anche che le truppe della sua compagnia militare fossero divise equamente tra Ottaviano e Federico, a riprova del forte legame del grande condottiero con entrambi i giovani. Ottaviano era però uomo di libri, per lui la conduzione delle truppe rappresentava un peso troppo gravoso e decise quindi di lasciare il comando in toto a Federico, che si ritrovò così molto giovane a capo di ottocento lance.
Federico al contrario era un condottiero nato, con una forza e una resistenza eccezionali e alla testa delle sue truppe, che metteva al servizio del miglior offerente, guadagnò sempre più fama grazie alle continue vittorie in battaglia. Nel 1441 ebbe luogo forse la sua impresa più ardita in cui riuscì a prendere San Leo ai Malatesta, scalando con un manipolo di uomini la parete di roccia, espugnando la Rocca e diventando così una celebrità in tutt’Italia.
Nonostante i suoi successi non poteva però pretendere il Ducato di Urbino, poiché nel frattempo era nato il figlio legittimo di Guidantonio, Oddantonio, che divenne Duca alla morte del padre nel 1443.
Tutto sembrò sistemarsi seguendo lo schema di eventi più logico, con Urbino che aveva garantita la sua successione di sangue e di conseguenza la sua stabilità politica, e con Federico che continuava nella sua vita di soldato che era quella che più amava. Ma dopo nemmeno un anno dalla sua investitura, Oddantonio fu assassinato a seguito della famosa congiura ordita dai suoi consiglieri più stretti, rimescolando così nuovamente le carte in gioco. Federico si trovava a combattere a Pesaro quando fu richiamato a casa con urgenza per vedersi affidata a furor di popolo la sovranità del piccolo Stato di Urbino, nonostante le voci insistenti (anche se provenienti in verità soprattutto dagli eterni rivali Malatesta) che indicavano proprio lui come l’ideatore della cospirazione contro il fratellastro.
Dalla sua nomina a Duca inizierà il periodo di massimo splendore di Urbino, grazie non solo alle sue doti militari ma anche (e forse soprattutto) a quelle politiche e amministrative di suo “fratello”, rimasto fino ad allora quasi dimenticato in esilio a Milano.
Ottaviano era un ragazzo molto intelligente, serio e dotato di grande buon senso, padronanza di se e di un rigore austero e quasi mistico, e nel giro di pochi anni (nonostante fosse considerato comunque un ostaggio) era riuscito a entrare nelle grazie del Duca Filippo Maria Visconti fino a diventare già da molto giovane una figura di primo piano alla corte di Milano, come ci raccontano le cronache dell’epoca.
Grande studioso, ebbe modo di accedere a biblioteche immense e di avere come maestri alcuni tra i più illustri eruditi del suo tempo. In quegli anni, tra tutte le scienze, l’astrologia aveva in particolare un peso molto importante soprattutto presso le corti, e sembra che il Duca di Milano non muovesse un passo senza consultarsi prima coi suoi astrologi, e di conseguenza anche Ottaviano fu investito di una formazione “magica” molto specifica e approfondita.
Ottaviano rimase a Milano fino alla morte del Duca Visconti, avvenuta nel 1447, dopodiché tornò alla sua amata Carda, che non aveva mai dimenticato, e a Urbino, dove venne chiamato da Federico a condividere l’amministrazione dello Stato. Seguiranno trentacinque anni di collaborazione col Duca, formando di fatto una diarchia che risultò in un governo tra i più illuminati ed efficienti dell’epoca. Federico curava gli affari di guerra e contribuiva in gran parte a riempire le casse di Stato coi servigi militari prestati in tutta Italia, mentre Ottaviano era il vero reggente e la sua gestione così oculata e lungimirante rese la città Ducale un importantissimo centro della cultura umanistica e dell’arte rinascimentale, facendone inoltre un vero punto di riferimento politico per tutta l’Europa. Ottaviano, assieme anche a Federico, continuava a occuparsi di astrologia e l’importanza di questa scienza era tale presso la corte di Urbino che dopo la realizzazione del Palazzo Ducale i Torricini della facciata divennero veri e propri osservatori e dimora dei tanti astrologi che venivano chiamati in città per condividere il loro sapere. Questo è per molti il periodo più bello del Ducato, quello di Laurana e Francesco di Giorgio Martini, con quest’ultimo che sembra voler ritrarre il motore dell’entusiasmo che impregnava tutto lo Stato nella famosa lunetta di marmo che vede Federico vicino a un’insegna militare e Ottaviano con due libri e un ramoscello di olivo.
I due reggenti non dimenticarono di certo la Carda delle loro origini. Federico fece edificare una residenza di caccia nell’abitato di Colombara, e sembra inoltre che uno degli edifici che ancora oggi si trovano nei pressi di San Cristoforo sia opera proprio del grande architetto Francesco di Giorgio.
L’incanto si spezzò solo con la morte del Duca, avvenuta nel 1482 durante una delle sue innumerevoli campagne militari.
Ottaviano continuò ad amministrare il Ducato anche dopo il passaggio del potere al figlio di Federico, Guidubaldo, di cui combinò le nozze con la pupilla di un’altra potente famiglia italiana, Elisabetta Gonzaga. A questo punto la sua rigorosità come alchimista e studioso delle stelle spingeranno però Ottaviano a essere troppo dipendente dall’interpretazione dei segni celesti, tanto da chiedere ai due novelli sposi di attendere il momento astrologicamente più propizio prima di consumare il matrimonio. Purtroppo le congiunture non erano favorevoli e il momento giusto tardava ad arrivare. Col passare del tempo la notizia trapelò e venne divulgata in città, facendo dell’attesa della corte quella dell’intero Ducato e aggiungendo così pressione sui due coniugi. Guidubaldo in particolare soffriva di nevrosi che si aggravò proprio in quel periodo in modo irreparabile, portandolo a una profonda crisi che fece si che le nozze non vennero di fatto mai consumate e rendendolo così l’ultimo rappresentante della dinastia dei Montefeltro.
Il Mago della Carda fu accusato di sortilegio e di avere inscenato tutto per mantenere il potere, facendo così dell’ultimo decennio della sua vita un periodo piuttosto oscuro e non degno della sua assoluta grandezza come statista, ma nonostante tutto continuò a tenere in mano le redini del Ducato fino alla morte, avvenuta nel 1498.
Fu seppellito nella chiesa di San Francesco a Cagli, dove però la sua tomba non fu mai identificata con certezza, come se anche dopo la morte dovesse rimanere nell’ombra come aveva fatto, a causa del suo carattere schivo, per tutta la vita.
Ma il Mago della Carda era così legato alla sua terra che sembra quasi impossibile che non abbia scelto di rimanerle vicino per l’eternità, e infatti corre voce che il suo spettro si aggiri tra le rovine della Cardaccia e nella Gola della Gamberaia dove forse, vagando tra i sentieri del versante occidentale del Monte Nerone, qualcuno riesce ancora oggi ad avvertirne la presenza.
Liberamente tratto da “Storia di un mago e di cento castelli” di Luigi Michelini Tocci
Lucio Magi © 2016
(1)
“La doppia anima. La vera storia di Ottaviano Ubaldini e Federico da Montefeltro” Bei-Cristini
“Vita e gesta del magnifico Bernardino Ubaldini della Carda” Bei-Cristini
http://versacrumricerche.blogspot.it/p/la-vera-paternita-di-federico-da.html
http://versacrumricerche.blogspot.it/p/via-e-gesta-del-magnifico-bernardino.html
(2)
Immagine da Wikimedia Commons